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Tubismo

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Ancora oggi, dopo animosi dibattiti ed eroiche tensioni concentrati soprattutto negli anni ’50 e ’60, molti artisti non solo italiani utilizzano solo ed esclusivamente la materia per caratterizzare le loro opere. Preme loro non tanto riprendere questioni ormai sorpassate o scovare una nuova tecnica per forza originale in tanto bailamme ma semplicemente esprimere il proprio mondo interiore senza costrizioni o infingimenti. In alcuni casi – retaggio espressionistico suggellato poi dal trionfo in parte di “Art Brut” e “Cobra” ma soprattutto dell’“Arte Povera” – artisti come Azra Huskich,   prelevano addirittura il puro colore direttamente dal tubetto configurando così, senza mediazioni pratiche o gravose manipolazioni teoriche, un gesto pre-linguistico e pre-tecnico di valore assoluto. Da anni la pittrice Huskich nella sua originale proposta artistica – composizioni ad olio su tavola  costituite da accostamenti seriali di grumi di colore usciti direttamente dal contenitore quindi tondeggianti e filamentosi – punta a destrutturare e ricomporre i soggetti secondo una consolidata cifra stilistica. Al contempo non rinuncia ad attualità ed estemporaneità che sempre caratterizzano gli artisti legati al periodo in cui vivono e che cercano, tra mille difficoltà e tra le immancabili incomprensioni di pubblico e critica, di cogliere innanzitutto le suggestioni dell’attimo fuggente ma anche del contesto di riferimento. Il particolare medium espressivo – nato non per casualità ma frutto di una lunga sperimentazione, di una rigorosa ricerca della semplificazione - rivela invero padronanza della tradizione per quanto riguarda soprattutto materiali e supporto. Ma anche per l’iconografia di fondo nel desiderio di interpretare i soggetti tipici di certo background storico e culturale secondo istanze moderne, non necessariamente problematiche, soltanto innovative nel senso però di un arricchimento visivo ma anche intellettivo. Infatti frammentazione e disgregazione del contenuto sono solo apparenza permanendo in ogni sua composizione l’essenza formale e figurativa anche se intimamente scomposta memore quasi del glorioso ‘pointillisme’ francese di fine ‘800. Ma tutto adesso viene riferito - anche se embrionalmente - alla tridimensionalità, proiettato cioè verso lo spazio quasi a recuperare una o più valenze organiche o naturalistiche. Huskich riesce però a tenersi equidistante sia dai ‘capricci’ di recente sempre più condannati da Vittorio Sgarbi sia dalle generiche sperimentazioni su cui ha, per esempio, ironizzato Francesco Bonami nel volume “Lo potevo fare anch’io”. Il suo approccio denota una volontà di emancipare la creazione e più ancora l’estetica - la pura estetica dell’opera - da qualsiasi condizionamento filosofico o psicologico o di altra disciplina permettendo così all’ispirazione di emergere limpida, propagarsi direttamente per raggiungere immediatamente il fruitore finale. Azra - dimostrando fra l’altro molto intuito - ha definito la sua tecnica “Tubismo”, un neologismo senza dubbio azzeccato, chiaro nella finalità e nel messaggio, che potrebbe diventare più di una sperimentazione ed essere codificato come sistema. (Fabio Bianchi )